L'incidente stradale al microscopio Microteam Internet Service Provider  
Diritto e... rovescio  
Pensieri in libertà...

Ti suggerirò un’altra linea, Trimarco, nobile e giusta: potrai adottarla, se sei sicuro di non avere nulla da nascondere. Abbi il coraggio di guardare negli occhi i giudici e di pronunciare le parole che si addicono a un uomo che non ha macchie sulla propria giovinezza: “Ateniesi, sono cresciuto in mezzo a voi, tra voi sono stato fanciullo e poi adolescente; non ho occupazioni segrete, nelle assemblee mi vedete accanto a voi. Se mi dovessi difendere dinanzi ad altri dall’accusa per cui vengo giudicato, le vostre testimonianze – credo – mi consentirebbero agevolmente di confutare gli argomenti dell’accusa. Se ho commesso una delle infamie di cui vengo accusato e anche se solo pensate che la mia vita possa avere qualcosa a che fare con quanto è stato detto dal mio accusatore, allora non penso di poter vivere oltre. Mi consegno pertanto, alla vostra condanna; che riscatti la città al cospetto dei Greci. Non vengo a rivolgervi le mie preghiere: se vi sembro la persona che è stata descritta, condannatemi a morte”. Ecco, Trimarco, la difesa di un uomo di valore e onesto, con la sua orgogliosa fiducia nella propria vita, con i suoi buoni motivi per considerare con disprezzo ogni tipo di calunnia.
(Da Eschine a Trimarco, IV Secolo a.C. Tratto da “Orazioni”).

E’ nostra viva speranza che il nostro agire sia sempre improntato al passo sopra riportato.
Abbiamo riservato questa sezione del nostro sito per esprimere qualche opinione in relazione alla nostra Professione – che qualcuno ha giustamente definito, al contempo, nobile e disperata – ed ai fatti di tutti i giorni che, in qualche modo, hanno pur sempre un rapporto, diretto od indiretto, col mondo del giuridico, il quale, specie negli ultimi lustri, nessuno sforzo sembra risparmiare per dare di sé una immagine assolutamente incomprensibile ai cittadini, lasciandoli attoniti e costernati.
Se ed in quanto sottoscritte e riscontrabili, e purchè non travalichino i limiti del decente e del consentito, questa pagina è aperta all’inserimento di “pensieri” di Colleghi, ovvero di Cittadini che ritengono di evidenziare qualche “stranezza” giudiziaria di cui vengono a conoscenza. Non è, infatti, assolutamente infrequente che qualche vicenda giudiziaria, o presunta tale, assuma i contorni del tragicomico.
La pubblicazione di un commento su di esse costituisce, allo stesso tempo, fonte di un accenno di sorriso – anche se spesso “amaro” – e momento di riflessione.

Una riflessione spontanea sull’Ordinamento Giudiziario Italiano.
Sin dalla sua nascita – e poi seguendo l’irripetibile espandersi ed affermarsi dell’Impero Romano – il Diritto di Roma ha illuminato, ed ancora oggi continua ad illuminare, gli Ordinamenti e le leggi di grande parte del Pianeta. I primi “Magistrati” di Roma rappresentavano, per i cives, al contempo, l’accusa, la difesa ed il giudice: essi erano scelti fra i cittadini più probi ed inviati dal “Governo” nelle più lontane province per amministrare la Giustizia e dirimere le controversie, e sulla loro imparzialità ed onestà non si ponevano, normalmente, dubbi di sorta.
Qui importa soltanto sottolineare l’unitarietà della origine delle figure della difesa, dell’accusa e del giudice, in quanto elementi indispensabili di un meccanismo – pur sempre unitario – di amministrazione della giustizia e di formazione mentale dei “Giuristi”. Nei tempi successivi, ovviamente, ferma restando l’unitaria matrice, le tre figure ebbero a “suddistinguersi” fisicamente, assumendo ognuna le proprie funzioni. Unica restava, tuttavia, la metodica formativa e l’esperienza di lavoro. Intorno all’anno 1000, in Inghilterra, contestualmente alla nascita del cosiddetto “diritto comune” (common law), fondato sul principio del “precedente giurisprudenziale” e contrapposto alla tendenza continentale di “diritto civile” (civil law), fondata sul sistema codicistico, si venne conformando un sistema di Ordinamento Giudiziario – tuttora vigente – che, restando nel solco del diritto più risalente, manteneva la unitarietà della matrice professionale di Avvocati e Magistrati.
La intuizione, semplice e geniale, di quel sistema, consisteva nel mettere al centro del sistema giudiziario la Classe Professionale degli Avvocati (Barristers), dalla quale, e soltanto dalla quale, potevano provenire i Magistrati giudicanti. Ed infatti, era stabilito – ed è stabilito ancora oggi – che soltanto un Avvocato che abbia svolto per almeno venti anni la Libera Professione, distinguendosi, contestualmente, per serietà, correttezza, capacità professionale, equilibrio mentale ed atteggiamento sociale, può essere nominato Giudice. Chi, in tal modo, diviene Magistrato, occupa, all’interno della Società, una posizione di rilevantissimo prestigio e di rispetto e viene remunerato in modo talmente elevato da essere messo, comunque, al riparo da ogni tentativo di “pressione”. Ma, soprattutto, chi, in tal modo, diviene Magistrato, è sicuramente una persona che ben conosce i fatti – grandi e piccoli – della vita e la mentalità degli Avvocati, dei Pubblici Ministeri, dei “Clienti” degli uni e degli altri, oltre alle sottigliezze della Professione e delle cose giudiziarie.
E’, questo, un Sistema che l’Inghilterra ha indicato al mondo ed al quale è inevitabile dare atto di grande saggezza ed aderenza alla realtà di ogni società. L’Ordinamento Giudiziario Italiano è orientato in tutt’altro modo. Pur provenendo tutti dalla medesima Facoltà Universitaria, si verifica, subito dopo il conseguimento della laurea – e cioè, mediamente, all’età di 24 anni – una incredibile “diaspora” fra coloro che intendono intraprendere l’attività professionale di Avvocato e coloro che intendono percorrere la strada della Magistratura. Gli aspiranti avvocati si inseriscono, in qualità di “praticanti”, in uno Studio Legale, presso il quale seguire un periodo di tirocinio prima di affrontare l’esame di Stato per la ammissione all’Avvocatura. Tuttavia, essi, quand’anche avranno superato quell’esame di Stato, saranno pur sempre – e ciò è inevitabile – dei “novellini”, ai quali occorreranno molti anni per acquisire una esperienza che, nel campo forense, non può mai dirsi troppa; ed è solo con i primi capelli “brizzolati” che acquisiranno la preparazione e la esperienza che li può rendere abbastanza completi. E cioè dopo avere incontrato centinaia di persone, affrontato, con alterne vicende, centinaia di casi, avere sofferto per le sconfitte e gioito per le vittorie, avere toccato con mano, ogni giorno, le virtù e, più spesso, le miserie umane. Gli aspiranti Magistrati, viceversa, potranno immediatamente dopo la laurea partecipare ai Concorsi per la ammissione alla Carriera di Magistrato, indetti annualmente dallo Stato. Cosicchè ben può capitare che un giovane od una giovane di 25 o 26 anni può ritrovarsi ad essere, a tutti gli effetti, Magistrato (seppure con un breve periodo iniziale in cui viene denominato uditore giudiziario) ed assegnato presso un Tribunale, ove potrà liberamente decidere del bene e del male dei casi che gli verranno sottoposti.
E tutto ciò potrà fare senza avere mai incontrato, in vita sua, un “Cliente” che gli esponesse un caso, senza essersi mai battuto contro un avversario, senza mai avere vissuto personalmente alcuno dei casi della vita sul quale viene chiamato a giudicare, senza mai avere provato lo stato d’animo del difensore che attende l’esito del giudizio al fianco del proprio difeso, senza mai avere incontrato le difficoltà che ogni giorno la burocrazia impone agli Avvocati, senza avere la minima idea di ciò che vuol dire per il Professionista Forense l’incasso, spesso agognato, della propria parcella (che diventa sovente oggetto di disputa con lo stesso cliente).
E così, poichè mai, in Italia, un magistrato di carriera avrà a che fare con simili problematiche, si verifica che egli resterà, pure dopo anni ed anni di attività, un "teorico", che si dedica solo allo studio dei Codici e delle Leggi e non anche ad incamerare esperienze "sul campo".
Di ciò non bisogna fargliene una colpa. E' il sistema che è errato.
Lascerò al lettore immaginare quanta "comprensione" possa esistere fra un Avvocato di una certa esperienza ed un Magistrato di prima nomina.

Queste osservazioni hanno lo scopo di "provocare" una riflessione sul problema che non è certo di secondaria importanza e vuole essere un umilissimo contributo, ed al contempo l'espressione di una speranza, perchè l'Iitalia adotti il sistema inglese.

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